sabato 30 luglio 2016

M.

22.09.2007
Londra è una città incredibilmente accogliente.
La città dei diavoli si divertiva a chiamarla suo nonno, la città in cui ha passato i primi anni di vita.
Non pensava di ricordare nulla di quel luogo ricco di lingue e colori, non si era nemmeno soffermato troppo su quei ricordi, semplicemente aveva ignorato.
Finché non la vide.
La vecchia costruzione squadrata aveva i mattoni rossi anneriti dallo smog.
Un grosso portone rosso si apriva come una bocca tra due finestre buie e senza vetri, ormai rotti da tempo da vandali.
Passandoci accanto provò il terribile desiderio di entrare, richiamato da impulsi che non riusciva a decifrare, rimase fermo davanti all'ingresso per tempo immemore prima di spingersi ad avanzare con lentezza in direzione dell'intero.
La puzza di birra e piscio lo avvolsero come una coperta, la nausea gli fece girare la testa mentre passava accanto a barboni ricoperti di vomito, salire le scale gli costò fin troppa fatica, ma quando fu al piano superiore il ricordo di un bambino gli mozzò il fiato.
Rimase fermo a guardare una stanza ormai vuota per ore forse, perso in pensieri e ricordi che non credeva di poter mai avere, avvolto da sensazioni che sembrava estranee.
Si infilò in quella stanza fredda, calciò un paio di lattine di birra abbandonate e osservò il materasso per poi chinarsi su di esso e sedersi. La grossa borsa contenente i colori e i fogli arrotolati buttata accanto a sé, per terra, le mani premute contro il volto, a stropicciarlo e svegliarlo da quella ondata di emozioni che non riusciva a scacciare.
Sono a casa