giovedì 27 aprile 2017

The day after

Ha ancora le mani che gli fanno male quando raggiunge la sala d'aspetto. Ha lavorato tutta la notte e ha fatto talmente tanti quadri che c'è da chiedersi come faccia a muovere ancora le dita o a tenere gli occhi aperti, ma è li, per poter vedere la sua principessa dentro la teca di cristallo, puntuale come un orologio svizzero.
L'infermiera l'ha fatto sedere in attesa fuori dalla porta della stanza, e ci mette qualche istante di ritardo per notare le due figure sedute sulla sedia di plastica avanti a lui. Un uomo e una donna, lei ha i capelli spettinati e una vestaglia di spugna rosa, il sorriso debole ed eccitato di chi ha passato un paio di giornate bruttissime, lui è raggiante e felice, trepidano, entrambi, in attesa di entrare nella stanza accanto a quella in cui si trova Lucille.

 - E' anche lei qui per vedere suo figlio?
 - Mia figlia..si.

Tira su con il naso, e accenna un sorriso storto, la donna sorride benevola, inizia a parlare di suo figlio, si chiama Paul, dice, è nato una settimana prima del previsto, ma pare stare bene, anche se lo tengono in osservazione per un soffio al cuore. Ascolta tutto, ma ignora anche tutto, le parole entrano in un orecchio ed escono dall'altro.

 - E sua moglie?

E' l'uomo a chiedere, si sporge sorridendo e aspetta di sapere la risposta mantenendo gli occhi accesi e vispi puntati su di lui, che di acceso e vispo ha forse solo il battito cardiaco, a causa dell'astinenza che gli rosicchia le ossa come un topo malevolo.

 - Non siamo sposati.

Che è morta se lo sussurra nella testa, come un commento malevolo che gli entra nel cervello e lo graffia. Stanno per chiedere qualcos'altro, lo sente, ma l'infermiera li blocca andando a richiamarli per farli entrare, eccitati e sorridenti, dentro la stanza del loro bambino. Lui che sorregge lei, debole e stremata, la risata bassa di entrambi, l'eccitazione palpabile. Li osserva andare via e torna a guardarsi le mani, le cicatrici su di esse, il dolore che hanno passato.
Si rende conto delle lacrime che scorrono lungo le sue guance solo quando un'infermiera gli chiede se sta bene. Alza gli occhi confuso sul volto della donna e sorride tra le lacrime annuendo un paio di volte.

 - Tutto bene, posso vedere Lucy ora?

La confusione sul volto della donna è palpabile, lo sarebbe anche lui. Si alza per entrare nella stanza di sua figlia con il peso che gli schiaccia il cuore.
Perchè puoi odiare davvero solo chi hai davvero amato.
Perchè ci sperava davvero.
Perchè.

You had my heart, at least for the most part.

martedì 18 aprile 2017

Falling

Il mondo ha i colori rossi del sangue dietro le palpebre chiuse. Ogni rumore è un fracasso indescrivibile che gli brucia le orecchie costringendolo a chiudersi in se stesso cercando riparo.
Il fianco brucia, il dolore è talmente forte che non lo fa respirare e il letto con le sue lenzuola umide diventa una prigione acquitrinosa da cui non riesce a scappare, i piedi affondati in centimetri di denso fango nero come il foro nel centro del petto.
Flash della nottata con Florence gli passano davanti agli occhi come immagini distorte di un film dell'orrore. Le parole di lei, ciò che a scritto e che ha detto gli hanno fatto più male di qualsiasi cosa. Un rifiuto è per lui la cosa peggiore che possa esistere, lui, che deve -deve- essere sempre al primo posto nelle menti di tutti, indifferentemente, come una malattia da cui non ci si può liberare in nessun modo.
Lei l'ha rifiutato, l'ha ferito e lui l'ha ferita a sua volta.
Le mani fanno male, le nocche rotte e sanguinanti, le dita gonfie e le unghie che hanno ferito i palmi. Solo dopo, solo quando il dolore l'ha risvegliato da quella furia cieca in cui era scivolato senza riuscire ad uscirne, solo in quel momento ha visto la luce, il mondo è ritornato davanti ai suoi occhi, Florence non era più Florence, un ammasso di carne e sangue che si contorceva sotto di lui chiedendogli perdono in gorgoglii che nemmeno ascoltava. Il bambino.
Rotolando su un fianco tra vetri in frantumi il suo unico pensiero era quel bambino, il suo bambino, intrappolato nella carne di una donna che non l'ha mai voluto, che l'avrebbe ucciso, che ci è andata così vicino, e che ora con i suoi gesti l'aveva nuovamente messo in pericolo.
Ora nel letto, sempre sullo stesso fianco, confuso tra i fiumi di una sostanza che non conosce e che lo rende fin troppo calmo, pensa ancora a quel bambino. Ora che senza più voce piange contro un cuscino che ha avuto giorni migliori, pensa a quel neonato che è suo, che gli appartiene come carne e ossa, sangue e pelle. Ama quel bambino ed è per lui la prima volta che si rende conto di amare qualcuno davvero.

È questo che si prova quindi?

Ora che prova amore, ora che prova odio verso Florence, ora che sente quelle sensazioni così vibranti contro la sua pelle, ora e solo ora il pianto si trasforma in una risata acuta, pazza, disperata.

Il bambino è nato.

E in uno schianto cupo che fa tremare la terra nelle sue più profonde membra, un angelo precipita nell'inferno e incredibilmente ne è lieto.