domenica 7 maggio 2017

Nightmares

Il sogno è stato cosi realistico che, una volta ripresa l'aria necessaria a sopravvivere da quella apnea indotta dal terrore del l'incubo, sente ancora lo specchio sotto i polpastrelli delle mani, i respiri intorno a se ed è certo di avvertire un soffio vicino al suo orecchio. Le dita magre si aggrappano come artigli alla stoffa del lenzuolo, strappandolo di dosso con dolorosa ostinazione, districandosi da un groviglio di carne e tessuto bagnato dal sudore, le stesse dita che affondano poi tra i capelli leggermente troppo lunghi, che grattano il cuoio capelluto e tentano invano di infilarsi nel cervello, cercando di scacciare dalla mente ciò che quel incubo ha creato, un dubbio, una incertezza che non riesce ad affrontare, non ora.
Il respiro ansante gli provoca brividi quando viene riconosciuto come il proprio, la realizzazione arriva con un ritardo causato da medicinali che si ostina a ingoiare per conciliare il sonno e che, ovviamente, tardano a dare il giusto risultato, lottando contro una assuefazione a qualcosa di peggiore.
Le gambe tremano per lo sforzo quando si alza in piedi, la schiena scricchiola mentre si raddrizza e sembra uno scheletro che lotta per rimanere dritto nonostante la forza di gravità, recuperare una tela è semplice, la agguanta e posa sul cavalletto lasciando cadere il quadro ormai quasi terminato che già si trovava su di esso.
Ha fretta e al tempo stesso non riesce a muoversi con adeguatezza, si sente stanco, sfibrato, non mette qualcosa di sano sotto i denti da troppo tempo, le fibre muscolari vengono cannibalizzate nel tentativo di sopravvivere e questo gli provoca crampi e sonnolenza.
Ci mette quasi cinque ore di lavoro perpetuo per completare il quadro, non si stacca dal pennello, a mal la pena beve un bicchiere d'acqua e alla fine le gambe tremano così tanto che rischia di cadere per terra mentre il pennello gli scivola di mano schiantandosi contro una moquette lurida e appiccicosa.

Un uomo urla, le mani premute contro un vetro dietro cui si trova, si dispera piangendo mentre dal buio dietro di lui mani scheletriche si agganciano al suo corpo, pronto a trascinarlo verso abissi disperati. È lui, quell'uomo, i tatuaggi sono i suoi, persino le mani che escono dal buio sono sue. Si intravedono occhi luccicanti nel buio, o sono solo i riflessi della pittura a olio, non è dato saperlo e non ne è certo nemmeno lui, ha dipinto con furia, con fretta cieca e ora si è consumato.

non è tempo per te ora.

Il se stesso nel quadro pare pregarlo, scongiurare di venire salvato. Non lasciarmi qui dentro, non lasciarmi con loro pare dire tra le lacrime, ma lui china il capo e con gli ultimi sforzi si trascina fuori dalla stanza, pronto a mangiare nuovamente qualcosa.
Non è tempo per le debolezze, il vecchio Malachy è andato.
È tempo di Malakee di risorgere.


sabato 6 maggio 2017

Behind the glass

Quando si guarda allo specchio la prima volta dopo due settimane di sobrietà gli sembra di avere davanti il volto di uno scheletro. Piega la testa più volte cercando nei movimenti nuove ombre e solchi, nuove cicatrici. E solo dopo alcuni lunghi minuti in cui è convinto di stare muovendo il capo, si rende conto che invece è immobile. Allo specchio non c'è più lui, l'espressione è sbagliata, le pieghe sulla fronte, la profondità degli occhi e le labbra che lentamente si curvano in un sorriso.
Sta sorridendo?
Perché sorride? Non ha motivo di sorridere.

penso tu debba prendere una decisione importante, a dire il vero credo che tu l'abbia già presa.

Quella voce. Ricorda deliri di disperazione in cui qualcuno gli ricordava quanto fosse imperfetto, sbagliato e..

Debole.

È il suo riflesso che parla, o forse è lui stesso? Sta impazzendo? È questo che accade col tempo ad un cervello così duramente provato? Allunga le dita, sfiora la superficie fredda dello specchio e il suo riflesso risponde al tocco, come due amanti divisi da un muro invisibile.

Vuoi smettere con la droga, non è così Mal? Con quello schifo che ti infili in vena pur di non provare niente. È così? Puoi farlo, puoi avere tutto questo, la tua famiglia felice. La tua principessa protetta nel castello fatato. Puoi essere il suo Re, è questo che vuoi?
Si.

Ora chi è che parla? Lui con se stesso? Ma muoveva le labbra? Non lo ricorda, è confuso e gli sembra di stare guardando il mondo da estraneo, come se fosse dal lato sbagliato del vetro.

Puoi farlo, te ne do la possibilità piccolo Mal, puoi avere la tua vita felice, lascia a me le cose difficili, preoccupanti, lascia a me la paura è la vergogna... io so gestirle. Lascia a me la rabbia e l'angoscia, la depravazione..
Perché?
Perché tu non la vuoi, non vuoi tutto questo, tu con la tua squallida anima romantica, con il tuo amore sincero. Guardati, piangi ancora per lei.
La amavo.
E voleva portarci via quello che per noi è più prezioso.
Avrei trovato un modo, Tanja non avrebbe permesso che..
Tanja è debole! Tanja non può aiutarti, io. Solo io posso.
Ma..
Guarda cosa ho fatto per te! Chi altro l'avrebbe fatto? La tua Tanja avrebbe preso in mano la situazione come ho fatto io?
...
Lo sai, Mal, cosa c'è a protezione della principessa nel castello?
Un drago
Io sono il tuo drago, Mal, proteggerò Lucille come tu non potrai mai fare, come nessuno potrà mai.
Ma come ogni drago sei pericoloso, ciò che fai.. ciò che hai fatto a Florence.. oddio.
L'ho fatto io, non tu. Le responsabilità sono mie come lo è la mia coscienza. La puttana ha avuto quello che meritava.
Non chiamarla così.
Ci ha spezzato il cuore.

Trattiene il fiato, le mani posate entrambe contro lo specchio, il fiato corto e il bagno che sembra farsi più buio e stretto intorno a se.

sei un mostro.
Sono una parte di te.

Ingoia saliva, sbatte le palpebre e mantiene lo sguardo puntato negli occhi di se stesso, occhi così diversi da farlo rabbrividire, disperare dentro di se.

sarà divertente.
No, non lo sarà.
Non lo saprai mai.
Proteggerai Lucy?
È il nostro patto.
Non lo saprò mai?
Mai.

Non dice nulla, guarda solo negli occhi il proprio riflesso e quello risponde con un sorriso talmente luminoso da spaventarlo, stacca le mani dal vetro, come se si fosse scottato e indietreggia di mezzo passo mentre la voce di Tanja arriva alle sue orecchie, ovattata e lontana, come se parlasse da dietro cento porte. Si volta e scopre il buio intorno a se, nessuna porta, nessun bagno, solo buio.

Arrivo!

Non è lui a parlare, torna allo specchio e vede se stesso aggiustarsi i capelli scompigliati, rispondere al richiamo di Tanja a quel modo e raddrizzare la maglia indietreggiando di un paio di passi per potersi ammirare.

o dimenticavo, sai perché ci chiamano Legione?

Trattiene il fiato mentre il suo riflesso gli sorride, voltandosi e aprendo la porta del bagno dietro di se.

perché siamo tanti.

La luce del bagno si spegne e lui scivola nel buio più assoluto mentre mani ossute si aggrappano ai suoi abiti per trascinarlo a loro, e lui urla disperato e immerso nelle mille e più visioni di se stesso.